Quando parliamo di Psicologia LGBT e delle sfide che la comunità LGBT deve affrontare, una di queste è senza dubbio il COMING OUT. Attorno a queste parole ruotano tantissimi pensieri e discussioni, sia nei salotti di casa ma anche sui palcoscenici mediatici, dove spesso si crea molta confusione e disinformazione.
Oggi vogliamo addentrarci in questo importante tema della Psicologia LGBT provando a rispondere ad alcune domande nate proprio nei nostri studi e anche sui nostri profili Instagram.
Innanzitutto cosa significa Coming Out?
Letteralmente queste parole si riferiscono alla frase “coming out of the closet” che significa “uscire dal ripostiglio”, ossia rivelare agli altri il proprio orientamento sessuale e/o la propria identità di genere.
Coming Out e Outing sono sinonimi?
No, sono molto diversi tra l’altro. Infatti se per Coming Out parliamo di una persona LGBT che rivela il proprio orientamento sessuale agli altri volontariamente e per propria decisione, nel caso dell’Outing invece ci riferiamo a quel fenomeno per cui una persona terza decide di rendere pubblico l’orientamento sessuale di qualcuno che non aveva deciso di svelarsi.
Ben possiamo comprendere come il Coming Out, a livello psicologico, costituisca a tutti gli effetti una SCELTA, mentre l’Outing rappresenta una VIOLAZIONE, che spesso mina la fiducia delle persone.
Devo fare per forza Coming Out?
No, come spesso amo dire “nessuno è obbligato a fare Coming Out, ma tutti ci meriteremmo di poterlo fare”. Questo per dirvi che arrivare a fare Coming Out con le persone a noi vicine significa donare a loro la possibilità di conoscere una parte della nostra persona preziosissima, e donare a noi la possibilità di essere al 100% chi siamo. Tuttavia può essere un percorso tortuoso, in cui bisogna fare un bilancio dei guadagni e delle perdite: infatti in alcune situazioni si possono recidere legami e perdere affetti che non riescono ad accettare chi siamo. Ed è all’interno di questa valutazione che a volte, purtroppo, le perdite potrebbero essere per noi insostenibili e arrecarci grande dolore. Senza considerare le situazioni in cui spezzare i legami con la famiglia d’origine potrebbe significare non avere più una casa, o perdere un lavoro, o subire addirittura violenza fisica.
Per questo il Coming Out deve essere una SCELTA SOGGETTIVA e NON OBBLIGATA, che tutti MERITEREBBERO DI POTER FARE, ma che per alcuni purtroppo non è una strada percorribile.
Come so che sono pronto a farlo?
Difficile dirsi che ci siano criteri validi per tutti, tuttavia ciò che possiamo fare è ascoltare il nostro corpo e le nostre emozioni. Forse potremmo chiederci “Perché ancora non sono pronto?”, trovando le risposte che cerchiamo nella nostra storia personale.
Spesso il Coming Out parla di accettazione, e un passaggio importante è capire quanto innanzitutto ogni persona LGBT accetta e accoglie il proprio essere LGBT. È dall’accettazione di sé stessi che spesso deriva l’apertura agli altri.
Infatti ricordiamoci sempre che la prima persona con cui facciamo Coming Out non è un nostro amico, e nemmeno nostro padre, e nemmeno quell’insegnante tanto accogliente… la prima persona con cui facciamo Coming Out SIAMO NOI STESSI.
E Come è andata quando ho scoperto che sono omosessuale/bisessuale/transessuale? Ecco, partiamo da qui.
Come faccio a fare Coming Out con i miei genitori che sono omofobi?
Anche qui purtroppo il libretto di istruzioni non esiste, anche perché ogni situazione ha la propria specificità. Se siamo consapevoli che per i nostri genitori potrebbe essere difficile riuscire ad accogliere chi siamo, è importante imparare a proteggerci prima, costruendo attorno a noi una rete di sostegno relazionale.
Infatti quando facciamo un passo tanto importante, sapere che attorno a noi abbiamo amici, insegnanti, fratelli, partner pronti ad aiutarci può darci la sensazione di non essere persi e che qualcuno, nei momenti di difficoltà, potrebbe raccogliere “i cocci” insieme a noi.
All’interno di questa rete poi potremo trovare la forza e le energie o per elaborare che i nostri genitori non riusciranno mai a comprenderci, accettando i loro limiti; oppure per accompagnare mamma e papà a conoscerci meglio, avvicinandoli alla nostra identità, così sconosciuta e poco comprensibile per loro.
E ricordiamoci che anche l’inizio di un percorso psicologico potrebbe essere un nodo importante della nostra rete di sostegno, perché fare Coming Out è faticoso ed avere uno spazio di riflessione potrebbe essere una scelta di benessere.
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